Women and Justice: Keywords

Legislation

Decreto Legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Legislative Decree No. 151/2001) (2001)


Employment discrimination, Gender discrimination

This legislative decree protects maternity and paternity, and prohibits discrimination on the basis of either. It regulates parental leave, leave for the illness of a child, rest, and the treatment of pregnant workers to protect their health. (Note: PDF is the consolidated text only. Follow the external link for the entire text of the decree.)

Il presente decreto legislativo tutela la maternità e la paternità e proibisce le discriminazioni basate su di esse. Il decreto disciplina i congedi parentali, i congedi per la malattia dei figli, i riposi e la tutela delle lavoratrici incinta. (Nota: il PDF è il solo testo consolidato. Seguire il link esterno per l’intero testo del decreto).



Codice Civil (2019)


Domestic and intimate partner violence, Gender discrimination, Property and inheritance rights

The Italian Civil Code provides for succession and inheritance, each of which require equal treatment of male and female children, including adopted children (Book II, Title I art. 56). In cases in which the conduct of a spouse or co-habitant causes serious physical or mental harm to the other spouse or co-habitant, but the conduct does not constitute a criminal act, the court may issue a family order of protection. A judge may order the party concerned to stay away from the home, the spouse's place of work, the residences of extended family members, and the children's school (Book I, Title IX, art. 342). The judge can also order the intervention of social services or a family mediation center.

Il codice civile italiano disciplina le successioni e l’eredità e dispone il pari trattamento per i figli e le figlie, anche qualora siano adottivi (Libro II, Titolo I, art. 536). Nel caso in cui la condotta di un coniuge o convivente causi seri danni fisici o morali all’altro coniuge o convivente, ma la condotta non sia penalmente rilevante, il giudice può emettere un ordine di protezione familiare. Il giudice può ordinare al coniuge o convivente che ha tenuto la condotta abusiva di non avvicinarsi alla casa, al posto di lavoro del coniuge, al domicilio deii membri della famiglia, e alla scuola dei figli (Libro I, Titolo IX, art. 342 ter). Il giudice può anche disporre l’intervento dei servizi sociali o di un centro di mediazione familiare.



Costituzione della Repubblica Italiana (Constitution of the Republic of Italy) (1947)


Employment discrimination, Gender discrimination

The Italian Constitution provides for equality before the law without consideration of sex, race, religion, political affiliation, language, and personal and social conditions (art. 3). It also recognizes the moral and legal equality of spouses (art. 29). Finally, Iit mandates equal employment opportunity for men and women (art. 37). Finally, the Constitution provides that both men and women can access public offices and elected offices, without discrimination. In this regard, the Italian Republic shall promote equal opportunities between men and women through appropriate measures (art. 51).(English translation available through RefWorld.)

La Costituzione italiana prevede che tutti i cittadini siano eguali di fronte alla legge senza distinzione di sesso, razza, religione, opinione politica e condizioni personali e sociali (art. 3). Essa riconosce anche l’eguaglianza morale e legale fra i coniugi (art. 29). La Costituzione impone pari opportunità lavorative per uomini e donne (art. 37). Infine, la Costituzione prevede che gli uomini che le donne possano accedere alle cariche pubbliche ed elettive senza discriminazioni. A tal scopo, la Repubblica italiana promuove, con appositi provvedimenti, eguali opportunità fra uomini e donne (art. 51).



Domestic Case Law

Sentenza n. 6575/2016 Corte di Cassazione: Sezione Lavoro (Supreme Court: Labor Section) (2016)


Employment discrimination, Gender discrimination

An employer fired a woman after learning of her intention to start an assisted reproduction process. The local court and the court of appeal stated that such dismissal was substantially due to gender discrimination against the employee who wanted to start the assisted reproduction process. Such decisions were challenged by the employer who argued that the dismissal of the employee was not connected to any gender discrimination but rather to the absences for illness that would have affected the efficient management of the work. The Italian Supreme Court confirmed that the dismissal was null and void due to a gender discrimination, irrespective of the fact that the assisted reproduction process had been commenced or not and sentenced the employer re-hire the employee and to pay her the relevant salaries as if she had never been fired.

Un datore di lavoro aveva licenziato una donna dopo aver appreso della sua intenzione di iniziare un processo di riproduzione assistita. Il Tribunale e la Corte d’Appello avevano stabilito che tale licenziamento era sostanzialmente dovuto alla discriminazione di genere contro la dipendente che voleva iniziare il processo di riproduzione assistita. Tali decisioni erano state contestate dal datore di lavoro che aveva sostenuto che il licenziamento della dipendente non era legato ad alcuna discriminazione di genere, ma piuttosto alle assenze per malattia che avrebbero influenzato la gestione efficiente del lavoro. La Corte di Cassazione italiana ha confermato che il licenziamento era nullo a causa di una discriminazione di genere, indipendentemente dal fatto che il processo di riproduzione assistita fosse stato avviato o meno e ha condannato il datore di lavoro a riassumere la dipendente e a pagarle il rilevante stipendio come se non fosse stata licenziata.



Sentenza n. 937/2017 La Corte d'Appello di Torino: Sezione Lavoro (Court of Appeal of Turin: Labor Section) (2017)


Employment discrimination, Gender discrimination

The Court of Appeal of Turin upheld the lower court’s judgment deeming a clause of a collective agreement negotiated at the enterprise level to be discriminatory because it infringed on Articles 3 and 37 of the Constitution, Article 25, para 2bis, of Decree No. 198/2006 and Article 3 of Decree No. 151/2001. Under the relevant clause the “real presence at work” was as an eligibility criterion to receive an additional remuneration, it being understood that any family-related leave, including any compulsory maternity leave, parental leave, and/or leave for illness, could affect the employees’ level of performance in that respect. The Court maintained that even though the criterion was formally neutral, it resulted in an indirect pay discrimination since female workers usually take more family-related leave than male workers. Moreover, during the trial, the company failed to provide a permissible justification regarding the requirement of “real presence at work.” Therefore, the employer was ordered to (1) cease the discrimination by computing leave as actual time worked for the purposes of achieving the real presence requirement and becoming eligible for the additional remuneration, (2) to pay the additional remuneration incentive to the plaintiffs, and (3) to enhance a plan to remove the discrimination by avoiding the inclusion of the above criterion in any future collective bargaining at the enterprise level. The latter was promoted by the intervention of the Regional Equality Adviser as a case of collective discrimination.

La Corte d’Appello di Torino ha confermato la sentenza del Tribunale di primo grado che considerava discriminatoria una clausola di un contratto collettivo negoziato a livello di impresa in quanto contraria agli articoli 3 e 37 della Costituzione, all’articolo 25, paragrafo 2 bis, del decreto n. 198/2006 e all’articolo 3 del decreto n. 151/2001. Ai sensi della clausola rilevane, l’“effettiva presenza in servizio” era un criterio di ammissibilità per ricevere una retribuzione aggiuntiva, fermo restando che qualsiasi congedo per motivi familiari, compresi i congedi di maternità obbligatori e i congedi parentali e/o congedi per malattia, avrebbero potuto influire sul livello di prestazioni dei dipendenti a tale riguardo. La Corte ha sostenuto che, pur essendo la clausola formalmente neutrale, il criterio comportava una discriminazione retributiva indiretta, in quanto le lavoratrici prendono generalmente un numero di congedi familiari superiore a quello dei lavoratori di sesso maschile. Inoltre, durante il processo, l’azienda non aveva fornito una giustificazione ammissibile per quanto riguarda il requisito dell’“effettiva presenza in servizio”. Pertanto, al datore di lavoro è stato ordinato di (1) cessare la discriminazione calcolando il congedo come tempo effettivo di lavoro ai fini del raggiungimento del requisito di presenza effettiva in servizio e quindi di poter essere ammessi al percepimento della remunerazione aggiuntiva, (2) versare l’incentivo retributivo supplementare ai ricorrenti, e (3) implementare un piano per rimuovere le discriminazioni evitando l’inclusione della clausola di cui sopra in qualsiasi futura contrattazione collettiva a livello di impresa. Quest’ultimo obiettivo è stato promosso dall’intervento del Consigliere regionale di Parità al fine di far cassare un caso di discriminazione collettiva.



International Case Law

Commission of the European Communities v. Italian Republic European Court of Justice (1983)


Employment discrimination, Gender discrimination

The Commission brought an action against the Italian Republic that they failed to properly implement legislation adopting Directive 76/207. The Commission argued that the Italian government did not properly implement certain requirements, such as equal working conditions, into national law. The Court noted that Article 189 of the EEC Treaty permits a country to implement its own form of legislation. There is no infringement of Directive 76/207 if the national law lets anyone bring the matters covered under the Directive before the courts. Thus, the Court found for the Italian Republic.

La Commissione presentava un ricorso contro la Repubblica italiana per non aver correttamente attuato la normativa di recepimento della direttiva 76/207. La Commissione sosteneva che il governo italiano non avesse adeguatamente recepito nel diritto nazionale alcuni requisiti, come la parità di condizioni di lavoro. La Corte rilevava che l’articolo 189 del trattato CEE consente a un paese di attuare la propria legislazione. Non vi è violazione della direttiva 76/207 se il diritto nazionale consente a chiunque di adire i giudici per le questioni disciplinate dalla direttiva. Così la Corte si pronunciava a favore della Repubblica italiana.